A cura dell’Avvocato Donatella Paciello, partner di Affilya
A volte i franchisor, durante la trattativa per l’affiliazione, propongono la firma di una “lettera di intenti”. A cosa serve? Fino a che punto si tratta di un documento vincolante? Quali sono gli aspetti a cui prestare attenzione? È diversa dal Patto di Opzione
Nella prassi degli affari – e il franchising non fa eccezione -, accade che le parti, in vista della stipula di un futuro contratto, intavolino trattative articolate e complesse. Tali trattative, che si inseriscono in un processo di formazione progressiva del contratto, non sempre sfociano in un accordo giuridicamente vincolante, sia esso un contratto preliminare o un contratto definitivo. Può così accadere che le parti non addivengano mai ad un accordo, oppure che invece raggiungano l’accordo solo a distanza di tempo, dopo che ad esempio i punti dibattuti siano stati chiariti.
LA LETTERA DI INTENTI
Può altresì accadere che le parti avvertano l’esigenza di recepire in un documento scritto, una “lettera di intenti”, tutti gli aspetti dibattuti nel corso delle trattative tra loro intercorse, senza voler attribuire a tale documento un contenuto giuridicamente vincolante: si tratta di una sorta di fotografia che ritrae lo stato dei rapporti tra le parti in un dato momento. Nulla vieta peraltro che le parti stesse, se e quando addiverranno alla sottoscrizione del contratto preliminare o definitivo, possano decidere in quel momento di riconsiderare aspetti su cui avevano già raggiunto un accordo di massima, di cui avevano dato atto nella lettera di intenti.
QUANDO È VINCOLANTE?
È tuttavia bene sottolineare che la sottoscrizione di una lettera di intenti non è priva di rilevanza ed effetti giuridici per le parti, al verificarsi di date condizioni.
Per valutarne l’effettiva portata, ossia per comprendere se si tratta di una “semplice” lettera di intenti, o piuttosto di un contratto giuridicamente vincolante, occorre analizzarne il contenuto e quindi andare oltre il c.d. nomen iuris, ossia la qualificazione che le parti stesse hanno dato al documento da loro siglato.
Laddove il documento denominato “lettera di intenti”, contenga la volontà delle parti di obbligarsi a svolgere delle prestazioni, magari con la previsione di una clausola penale, per il caso di inadempimento, si è in presenza di un vero e proprio contratto, fonte di obbligazioni cogenti per le parti e di responsabilità contrattuale in caso di loro violazione e ciò a prescindere dalla denominazione datane dalle parti stesse.
In ogni caso, la lettera di intenti può essere fonte di responsabilità per la parte, che in spregio agli obblighi di correttezza e buona fede, si ritiri immotivatamente dalle trattative intraprese, dopo aver ingenerato con la propria condotta, nell’altra parte, un affidamento nella positiva conclusione dell’affare, sempre che non sussistano fatti idonei ad escluderne il ragionevole affidamento.
La responsabilità della parte che viola il precetto generale sancito dall’art. 1337 cod. civ. che impone alle parti di comportarsi secondo correttezza e buona fede nello svolgimento delle trattative del contratto, è di tipo extracontrattuale ed è sanzionata ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. :
la parte che si assume danneggiata, potrà chiedere in giudizio il risarcimento del danno subito, di cui dovrà fornire la prova, nella misura del c.d. “interesse negativo”, articolato in “danno emergente” (le spese sostenute durante ed a causa delle trattative ingiustificatamente interrotte dall’altra parte) e in “mancato guadagno” (la “perdita di chance”, ovvero il pregiudizio derivante dalla perdita di occasioni alternative di guadagno), per essere stati coinvolti in trattative naufragate, per la condotta dell’altra parte, contraria a buona fede e correttezza.
Secondo il costante orientamento della Cassazione, “Per la sussistenza della responsabilità precontrattuale (ndr: leggasi : extracontrattuale), a norma dell’art. 1337 cod. civ., l’obbligo della buona fede nelle trattative deve essere inteso in senso oggettivo, sicché non è necessario un particolare comportamento soggettivo di malafede, ma è sufficiente anche il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte che senza giusto motivo ha interrotto le trattative, eludendo così le aspettative di controparte che confidando nella conclusione del contratto, è stata indotta a sostenere spese o abbia rinunciato ad occasioni più favorevoli”
LEALTÀ RECIPROCA
È pertanto buona norma che le parti che avviano delle trattative finalizzate alla conclusione di un futuro contratto di franchising sappiano che sin da questa fase iniziale, gravano su di esse precisi obblighi di lealtà reciproca, il che comporta innanzitutto un dovere di completezza informativa e di riservatezza.
L’obbligo di riservatezza rientra nel più ampio obbligo delle parti di comportarsi secondo correttezza e buona fede nella fase delle trattative precontrattuali. Tale obbligo può essere sancito e rafforzato attraverso la sottoscrizione di un accordo di riservatezza tra le parti coinvolte in una trattativa finalizzata alla stipulazione di un contratto di franchising: la sua violazione può essere sanzionata attraverso la previsione di una penale, che quantifica in via forfettaria il danno conseguente all’utilizzo/divulgazione non autorizzati di contenuti riservati, trasmessi all’altra parte nella fase delle trattative precontrattuali.
ATTENZIONE A QUELLO CHE SI FIRMA
È importante che le parti, avuto riguardo allo stato di avanzamento delle trattative tra loro intercorse, valutino attentamente il documento da sottoscrivere, sia esso una lettera di intenti, un contratto preliminare o il contratto definitivo, nella consapevolezza che dalla sottoscrizione del documento, in relazione al suo contenuto, discendono conseguenze giuridicamente rilevanti, sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale, in caso di violazione degli obblighi di correttezza e buona fede durante le trattative, o in termini di responsabilità contrattuale.
LETTERA DI INTENTI O PATTO D’OPZIONE?
Laddove le parti sottoscrivano un accordo prodromico (che precede e può portare) alla stipula del contratto di franchising e che comporti da parte del futuro franchisee un esborso di denaro a favore del franchisor, si è in presenza di un’obbligazione giuridicamente vincolante, che impone altresì alla società franchisor di fornire all’aspirante franchisee, l’informativa precontrattuale prevista dalla Legge n. 129/2004, nel rispetto del termine di 30 giorni antecedente la sottoscrizione del documento. Tale evenienza ricorre ad esempio quando le parti sottoscrivono un patto di opzione a favore del franchisee, da esercitarsi entro un termine dato, per l’apertura di un punto vendita affiliato all’interno di una determinata area territoriale, e per il quale l’aspirante franchisee corrisponde al franchisor una somma di denaro.