Forse non diciamo nulla di nuovo se affermiamo che in Italia il fenomeno del food delivery è in forte aumento. Il trend di crescita che si registrava già da tempo è stato fortemente accelerato dai lockdown del 2020 e pare destinato a proseguire per tutto il 2021.
Di Nicola Dambelli – Senior Franchise Consultant – Co-founder Affilya
IL BOOM DELLA CONSEGNA A DOMICILIO
Il delivery è diventato di fatto un servizio con il quale la quasi totalità dei ristoratori italiani ha dovuto confrontarsi. Una modalità di vendita che ha consentito a qualcuno di non fermarsi e, nei casi più fortunati, di evolvere il proprio modello di business.
Chi invece aveva già scelto negli anni passati la consegna a domicilio come canale primario per la propria offerta, ha beneficiato di un consolidamento o addirittura di una impennata nelle vendite. Al punto che oggi si assiste ad una vera e propria corsa verso attività dedicate e addirittura allo sviluppo di nuove forme di ristorazione, come le cosiddette “dark kitchen”.
Questo perché il delivery, dopo aver conquistato le grandi città metropolitane come Milano e Roma, pare destinato a crescere ulteriormente, radicandosi anche nelle piccole realtà di provincia. Ma non c’è solo la diffusione di questa nuova abitudine di consumo a spingere verso l’alto i numeri del food delivery.
Un dato importante, da rilevare e da non sottovalutare, è anche quello dell’aumento della spesa media: è ormai assodato che, a parità di offerta, chi ordina da casa tende ad acquistare più cibo, in quantità e valore, rispetto a quello che ordinerebbe se fosse al tavolo di un ristorante con quel menu.
L’ESPERIENZA DEL DIGITAL FOOD DELIVERY
Tra gli appeal che hanno contribuito allo sviluppo del food delivery c’è senza dubbio il tipo di esperienza che può vivere il cliente. L’utilizzo dei social e delle app, l’interazione con i sistemi di processo degli ordini, il tracciamento costante del proprio acquisto fino alla consegna a casa o in ufficio, possono fare la differenza nella scelta del ristorante da cui acquistare. Il miglioramento dell’esperienza di acquisto con sistemi online, la dimestichezza acquisita dai consumatori, le minori remore al pagamento online, la comodità e la velocità di esecuzione dell’ordine e la sua tracciabilità sono tutti elementi che hanno contribuito ad avvicinare al servizio di consegna a domicilio di cibo sempre più italiani negli ultimi anni.
Ecco perché il peso crescente degli ordini effettuati attraverso modalità “digital” viene considerato l’elemento decisivo per favorire l’ulteriore sviluppo del food delivery di oggi e degli anni a venire. L’Osservatorio di Just Eat, uno dei player più importanti del settore, ha pubblicato recentemente un’interessante ricerca che evidenzia come si è evoluto il digital food delivery in Italia. Nell’ultimo anno, in particolare, si è assistito ad un vero e proprio balzo in avanti degli ordini effettuati da siti, social, piattaforme e app per la consegna a domicilio. Si è infatti passati da una incidenza del 18% del digital sul totale delle vendite del food delivery nel 2019 ad un 25% nel 2020.
LE TENDENZE DEL FOOD DELIVERY
Sempre dalla ricerca effettuata dall’Osservatorio Just Eat, emerge che il 62% di chi ordina a domicilio lo fa quando è felice mentre per il 96% è la scelta ideale per un momento di relax.
La maggior parte degli ordini provengono dalle famiglie e i più attivi sono i Millennials insieme alla Generazione Z, che ordinano soprattutto pizza, hamburger, sushi e dolci.
Le occasioni di consumo riflettono gli stati d’animo di chi ordina: lo stare insieme in famiglia, con gli amici, l’intrattenimento (eventi in TV soprattutto legati allo sport), le festività, celebrazione di nuove avventure, successi, cambi di vita, compleanni e anniversari da condividere con la famiglia o il partner o per sperimentare qualcosa di nuovo.
Ma il food delivery può rappresentare un momento di conforto e consolazione anche nelle situazioni meno piacevoli come al termine di intense giornate lavorative, prove/esami scolastici, delusioni personali o professionali.
I picchi degli ordini si raggiungono durante i weekend (Venerdì, Sabato e Domenica): in 3 giorni si effettua circa il 55% degli ordini (il Sabato ha il picco massimo), mentre gli altri giorni della settimana non superano insieme il 45% e sono dedicati a cibi poco calorici e più salutistici. Anche i giorni di festività sono momenti nei quali si ordina molto.
I PIU’ ORDINATI
La pizza si conferma la più amata dal popolo del food delivery ma al secondo posto, indiscusso, si conferma l’hamburger mentre sul podio si consolida la terza posizione del sushi. Interessanti sono le nuove tendenze: il pollo è in crescita a scapito dei panini, poi il gelato, il poké, il cibo messicano e la cucina greca. Cresce la predilezione per i piatti a base di pesce, per il kebab e la pinsa. In aumento a tre cifre percentuali anche birra e vino.
UNA STRADA SENZA RITORNO
Insomma, per gli italiani è diventata ormai un’abitudine ordinare a domicilio via app o comunque online. Questa modalità è considerata facile, comoda, sicura e veloce da un numero crescente di persone. Certamente l’emergenza sanitaria ha favorito la sua adozione, ma l’abbattimento delle numerose resistenze all’acquisto online ha fatto imboccare a molti una strada senza ritorno verso ordini di cibo a domicilio sempre più “digitali”.
ADEGUARE L’OFFERTA
Si fa presto a dire “food delivery”! Se dal lato della domanda ai consumatori bastano pochi click o una telefonata per ordinare cibo, dal punto di vista dell’offerta fornire il servizio di consegna a domicilio è una impresa tutt’altro che banale anche per i ristoratori più esperti e strutturati. Anzi, nelle attività già esistenti implementare il delivery spesso provoca grandi scossoni all’organizzazione, se non vere e proprie rivoluzioni. A maggior ragione quando si decide di fare il doppio salto, adottando la versione “digitale” della consegna a domicilio.
Questa strategia di fatto costringe le aziende ad un adeguamento complessivo del sistema informatico che permetta di gestire gli ordini, di fidelizzare i vecchi clienti e di accaparrarsene di nuovi. Di fatto il servizio di delivery, se affrontato professionalmente e con l’obiettivo di soddisfare appieno le aspettative dei clienti, richiede a chi è già nella ristorazione rivisitazioni ed adattamenti in vari settori aziendali.
Prima di tutto costringe ad un adeguamento della tecnologia e degli strumenti, con hardware e software dedicati, attrezzature per la conservazione, la preparazione e il trasporto dei prodotti, utilizzo di appositi motorini, bici o auto, con le rispettive dotazioni.
Poi incide sull’offerta, portando a modifiche profonde dei menù, a rivisitazioni di ricette e piatti, al cambiamento dei metodi di conservazione e dei tempi di preparazione, alla creazione di un apposito packaging.
La comunicazione e il marketing specifici portano a radicali reimpostazioni dei siti e delle pagine social, alla creazione di nuovi modi di comunicare, alla scelta di differenti target di clienti cui rivolgersi e alla rincorsa di inedite occasioni di consumo da soddisfare.
La collaborazione con le varie piattaforme di delivery crea differenti esigenze di immagine e di presentazione della propria offerta, ma ancora più arduo è il compito quando si decide di utilizzare proprie app o software personalizzati, dedicati all’esperienza del cliente.
Infine, tutti questi cambiamenti impattano sulla organizzazione dell’azienda e del personale, modificando ruoli e mansioni e determinando la necessità di nuove competenze.
CHI NON CE LA FA
In questo contesto così interessante e in forte evoluzione molti imprenditori del food ci provano, tanti non riescono a sfruttare l’opportunità e pochissimi invece la trasformano in un fattore di successo.
C’è chi ha sottovalutato la delicatezza del servizio, chi ha tentato questa strada sulla scorta delle necessità di far fronte in qualsiasi modo alla crisi, chi ha pensato che fosse un complemento non troppo impegnativo e “secondario” nell’ambito della proprio offerta. Questo approccio semplicistico di buona parte della ristorazione tradizionale si è scontrato con la dura realtà. Ci si è accorti, ad esempio, che non è sempre possibile portare a casa del cliente, con contenitori improvvisati e tempi di consegna ignoti, le medesime pietanze servite ai tavoli. Diverse le temperature di servizio, gli ingredienti da utilizzare, la ricettazione stessa. Diversissima, soprattutto, la presentazione dei cibi al consumatore. Certi piatti che devono il loro successo, oltre che alla bontà, all’estetica e all’impiattamento, sono stati ridimensionati dal “trattamento” subito con il trasporto, soprattutto se non valorizzati e protetti da uno specifico packaging.
Da questo punto di vista il 2020 è stato l’anno degli esperimenti, con i consumatori a fare “da cavia” e i ristoratori alle prese con piatti che si rovesciano e si inumidiscono, ingredienti che si mescolano o escono da contenitori inadatti allo scopo.
I tempi di servizio sono stati un altro elemento critico, con molte lamentele e disaffezione da parte della clientela a causa delle lunghe attese. Molti ristoranti che vantavano recensioni positive si ritrovano ora forti critiche per il servizio scadente e disorganizzato del delivery.
CHI VINCE LA SFIDA
Chi è stato in grado di cavalcare meglio il fenomeno? Innanzi tutto, come abbiamo detto, chi è arrivato preparato, attrezzato e focalizzato sul food delivery o, ancora meglio, sul digital food delivery. Un esempio su tutti è quello di Domino’s Pizza che, oltre a dedicarsi al cibo più ordinato per il delivery ha una organizzazione fondata solamente per affrontare ordini e consegne a domicilio e non a caso è una delle catene più estese in tutto il mondo, con circa 17 mila pizzerie. Nell’anno fiscale 2020 i ricavi del colosso statunitense sono aumentati globalmente del 12,5%. L’utile netto del 2020 si è attestato a 491,3 milioni di dollari, in crescita rispetto ai 400,7 milioni del 2019. La chiave di questa performance, a detta di molti addetti ai lavori, è stata proprio la capacità di cavalcare l’ondata “digital” con strumenti e modalità efficaci. Indicativo è il dato sulla percentuale di ordini online gestiti da Domino’s Pizza in Italia: più del 68%. Insomma, a vincere la doppia sfida del food delivery e del digital food delivery saranno quelle aziende in grado di focalizzarsi su questo specifico business, strutturandosi con un offerta dedicata e dotandosi di tutti gli strumenti per favorire l’esperienza di acquisto online dei propri clienti. Un obiettivo ambizioso e impegnativo, che naturalmente vedrà avvantaggiate le organizzazioni più strutturate e, tra queste, alcune reti in franchising.