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2021: L’anno Della Ricostruzione?

I dati del 2020 sulla mortalità delle imprese del commercio e dei servizi raccontano di una vera e propria ecatombe a seguito della pandemia. Come ripartire per la ricostruzione del tessuto distributivo del Paese? Quali le opportunità del franchising? 

Di Luca Fumagalli – Co-founder e Senior Franchise Consultant di Affilya

 

Il 2020 si è chiuso da poco e le conseguenze della crisi sanitaria continuano a farsi sentire. L’Ufficio Studi di Confcommercio, nella sua nota del 28 Dicembre 2020, fa la conta dei danni che questo anno nefasto ha procurato alle imprese del commercio e dei servizi sull’intero territorio nazionale.

CROLLO DEI CONSUMI

Il primo dato rilevante è quello relativo alla riduzione dei consumi complessiva, relativa ai diversi comparti di attività economica, che si stima nell’intorno del 10,8%, corrispondente a una perdita di poco più di 120 miliardi di euro correnti nel 2020 rispetto al 2019.

MORTALITA’ DELLE IMPRESE

Se il declino di tante attività del commercio e dei servizi avesse continuato il trend degli anni passati, a fine anno 2020 avremmo avuto circa 165.000 unità in meno, sul totale delle quasi 2.700.000 imprese. Le stime di USC su dati ISTAT e Movimprese fotografano invece una situazione drammaticamente più pesante, di oltre 390.000 aziende definitivamente chiuse. Se così fosse, desumeremmo che l’impatto della pandemia sui comparti del commercio e dei servizi ha travolto oltre 225.000 attività imprenditoriali. 

NATALITA’ IN DRASTICO CALO

Se per i dati relativi alla mortalità possiamo solo affidarci a stime, peraltro attendibili, quelli che riguardano la natalità si basano su maggiori certezze. Nei primi nove mesi del 2020 sono nate circa 50 mila imprese meno che nell’anno benchmark 2019. Secondo l’istituto Tagliacarne, la denatalità dovuta alla pandemia alla fine del 2020 dovrebbe contare per circa 70 mila imprese. Prendendo in considerazione le iscrizioni totali, il cui numero è pari a 283.045 unità. Rispetto alle 353.052 del 2019 le mancate iscrizioni sarebbero infatti 70.008. Per i soli settori del commercio e dei servizi le iscrizioni stimate per il 2020 risultano pari a 86.769 unità; le mancate iscrizioni rispetto al 2019 dovrebbero invece essere pari a circa 15mila unità.

GLI EFFETTI COMPLESSIVI

Il tessuto produttivo dei settori considerati dovrebbe essersi ridotto nel corso del 2020 di circa 305mila imprese. Poco meno dell’80% della riduzione sarebbe causato dalla pandemia: 225mila imprese si sarebbero perse per un eccesso di mortalità e 15mila per il deficit di natalità. La riduzione sarebbe dunque dell’11,3% per l’insieme del terziario di mercato e del commercio non alimentare. La scomparsa di tessuto produttivo risulterebbe accentuata tra i servizi di mercato, con una perdita di imprese pari al 13,8%, mentre sarebbe limitata all’8,3% nel commercio. Nell’ambito del commercio non alimentare il tasso di mortalità passerebbe dal 6,6% all’11% e nei servizi di mercato triplicherebbe, passando dal 5,7% del 2019 al 17,3% del 2020.

TANTI SETTORI COLPITI

Nell’analisi per settore spiccano i dati di abbigliamento e calzature nel cui comparto si stimano oltre 17.700 chiusure di punti vendita sul totale di poco più di 90.000, o quello della ristorazione e bar, che vedrebbe cessate oltre 57.400 unità sui 334.000 operatori. Drammatico, anche se prevedibile, l’impatto su agenzie di viaggio e tour operator, con quasi 4.000 chiusure su 16.000 attività. Da non sottovalutare inoltre il ridimensionamento di uno dei comparti più solidi degli ultimi decenni, quello dei parrucchieri e dei centri estetici, che vedrebbe una perdita di più di 18.000 unità. Significativi, anche se su numeri più piccoli, gli effetti del 2020 sulle palestre, che registrerebbero la cessazione di 637 unità sul totale di poco meno di 4.500 attività. A parte poche e positive eccezioni, dunque, sono molti i settori nei quali il 2021 si presenta come un anno di vera e propria ricostruzione, quasi come alla fine di una guerra. 

MOLTO DA FARE PER RIPARTIRE

Se da tanti punti di vista (povertà, disoccupazione, calo della capacità di spesa e della domanda, difficoltà finanziarie generalizzate, gravi situazioni di indebitamento, perdita di fiducia da parte di consumatori e imprese, eccetera eccetera) il quadro economico del Paese, almeno nel breve periodo, appare a tinte fosche, da altri si aprono grandi spazi di manovra a chi potrà e vorrà entrare nel mercato.

OPPORTUNITA’ E INCOGNITE

Come disse Einstein: “nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità”. Arriveranno, naturalmente, con un bel corredo di incognite e interrogativi. Su tutti, quelli che riguardano i consumi. Come reagiranno, a partire dal 2021 i consumatori? Si riuscirà ad archiviare, lungo il corso dell’anno o nei successivi, il pericolo del contagio e si potrà così ritornare a fruire di ogni sorta di prodotti e servizi come prima del COVID-19? Questa drammatica esperienza lascerà inalterata la domanda (qualitativamente e quantitativamente) oppure porterà mutamenti strutturali alle nostre abitudini, ai nostri modelli di consumo e alle nostre destinazioni di spesa? 

ELEMENTI POSITIVI

Per chi deciderà di investire nel 2021 ci sono numerosi elementi positivi sui quali fondare le proprie strategie. Il primo riguarda gli spazi di mercato. Indubbiamente, come abbiamo visto in precedenza, sono molti i settori dove le tante chiusure hanno lasciato vere e proprie voragini nell’offerta. Anche in presenza di una domanda ridotta, per chi entra in alcuni settori oggi ci sono concrete possibilità di guadagnare rapidamente quote di mercato. Il secondo riguarda le location. Nelle attività in cui una buona location è determinante per il successo (es. abbigliamento, articoli per la persona e per la casa, prodotti a vendita d’impulso, certe tipologie di ristorazione e di bar) la crisi apre grandi prospettive sia in termini di maggiore reperibilità che di costi calmierati. Il terzo elemento positivo riguarda le risorse umane. La chiusura o le incerte prospettive di aziende e di attività commerciali o di servizio mettono sul mercato risorse umane esperte, qualificate, pronte ad accettare nuove sfide professionali.

PERCHÉ IL FRANCHISING

Certi treni passano adesso. Alcuni settori propongono opportunità da sfruttare con tempestività, con le idee chiare e con una capacità competitiva immediata. “Inventarsi” modelli di business o imparare da zero un mestiere in una situazione come quella attuale significa solo perdere tempo e rischiare di non salire sul treno della ripresa. I migliori franchisor hanno già le idee chiare su come affrontare i mercati dei prossimi anni. Hanno l’esperienza, la conoscenza del loro settore, la notorietà di marca per riconquistare la clientela fidelizzata o per catturarne di nuova, i mezzi per agire rapidamente nella ricerca e nell’adattamento alle nuove istanze dei consumatori o ai nuovi trend. Il franchising, quello fatto bene, naturalmente, è uno strumento efficacissimo per chi vuole investire oggi. Tutto si gioca sulla scelta del partner giusto. E, aggiungiamo, molto si gioca sulla scelta di un consulente di fiducia che possa portare esperienza specifica e professionalità nel percorso di valutazione delle opportunità e dei franchisor.

 

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